Io, obiettore di coscienza, perché amante di un film sulla violenza?

RECENSIONE FILM “ARANCIA MECCANICA”

Io dal lontano 1996 sono obiettore di coscienza. In quegli anni, tramite formazione specifica e attività pratica, mi sono avvicinato alla piena consapevolezza della mia scelta e quindi alla nonviolenza come scelta per la risoluzione dei problemi. Tra i miei film preferiti (diciamolo pure nella mia top ten) c’è un film uscito nel 1971 e il cui regista è un certo Stanley Kubrick. Il titolo è Arancia meccanica (A clockwork orange) ripreso dal romanzo omonimo di Anthony Burgess uscito nel 1962, ma in Italia solamente nel 1969. Il film, che vidi per la prima volta a diciotto anni (anno 1992 n.d.r.) mi colpì immediatamente per la tematica di cui parla. Poi, rivedendolo negli anni, mi ha dato modo di riflettere molto sull’utilità o meno di certe tipologie di film. Io lo reputo personalmente uno dei migliori perché da sempre, e con il passare del tempo sempre in misura maggiore, mi ha fatto provare ribrezzo per la violenza di qualsiasi genere.

Perché ne parlo? Perché scriverci un articolo? Perché la violenza è ancora nei giorni nostri, perché purtroppo se ne parla ma secondo me in modo sbagliato e senza promuovere soluzioni. Perché scegliere di parlare di un film di quasi 50 anni fa? Perché secondo me va visto. Va fatto vedere ai giovani di oggi. Pensate che ancora oggi ci sono contraddizioni su questo film. Addirittura Kubrick lo tolse dalla circolazione in Gran Bretagna perché alcune gang si rifacevano alle azioni teppistiche e violente dei protagonisti (i Drughi capeggiati da Alex De Large) e addirittura anche a Roma ci fu la “banda dell’Arancia Meccanica” da cui è stato tratto un film (L’odore della notte). Perché dirvi questo? Sembra quasi che in realtà il mio buon proposito di parlarvi bene del film sia vano se qualcuno poi ha copiato gli atti violenti visti. Sembrerebbe vero quel che alcuni dicono riguardo alla cattiva influenza che certe scene possono avere sui giovani. Io voglio esprimervi invece il grazie che devo a Kubrick e a questo genere di film fatti con intelligenza, che danno invece modo di riflettere e pensare ai comportamenti che abbiamo e alle possibili conseguenze a cui ci possono portare. Io credo fermamente che questo film sia educativo e sia totalmente un film contro la violenza. A vedere alcune scene mi si contorceva lo stomaco dalla nausea provata. Non voglio soffermarmi sulla trama perché secondo me va visto senza influenze esterne, ma solo voi e le immagini. Mi piace però dire che la storia di Alex è una storia nella quale ci sentiamo un po’ partecipi. Un giovane che cerca il suo spazio nel mondo, ha dei comportamenti sbagliati e ne paga le conseguenze. Quando riesce a tornare al mondo reale (o virtuale o globalizzato scegliete voi la vostra definizione) nessuno gli dà una mano. A partire dai genitori fino ad arrivare agli amici e compagni di sempre (anche qui c’è da riflettere molto sulla definizione di amicizia). Alla fine poi si scoprirà che anche il governo ha una certa importanza sulla scelte individuali e sull’utilizzo delle persone (in questo caso del nostro caro Alex) per fini esclusivamente politici e non per garantire una possibilità di riscatto.

In fondo siamo noi che decidiamo quel che fare e non è certo un film che ci fa essere violenti o meno (quelli che hanno preso spunto dal film avrebbero comunque fatto atti criminali). Io sottoscrivo l’utilità del film per la mia crescita personale e antiviolenta. Tra l’altro, ci sono delle scene cult che non possiamo non vedere. Una per tutte quando, durante la cura “Ludovico” (di cui non vi racconto niente per invogliarvi a scoprirlo), ad Alex vengono tenuti gli occhi spalancati a forza per fargli vedere dei film.

Buona visione!

Autore dell'articolo: Alessio

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